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Uscita al Corno di Campo Bianco

Sabato 18 Novembre 2025 ci siamo trovati al solito cimitero di Caltrano alle 7.30. Eravamo io, Sid, Helene e Luca Gelain in veste di supervisore scientifico esterno della spedizione all’Abisso del Corno.di Campo Bianco.

Come oramai d’abitudine ci siamo fermati lungo la strada in quel di Cesuna per una colazione con cappuccino e sbrodolone ricco di zucchero utile fonte di  energia per le ore a venire. 

Con i permessi rilasciati dalla Polizia di Asiago siamo arrivati fino al Bivacco Tre Fontane in auto dove ci siamo cambiati e sistemati pronti per scendere.Bivacco Tre Fontane

Con Luca che ci accompagnava, siamo risaliti la Highway to Corno che grazie anche alle ultime uscite e non solo, ha cominciato ad essere ben calpestata. Infatti arrivati alla galleria militare abbiamo trovato importanti tracce di passaggio di cercatori di reperti bellici. Non siamo i soli a frequentare quegli angoli di montagna.

Alle 10.45 i discensori hanno cominciato a riscaldarsi e salutato Luca ci siamo dati il primo target della giornata. Sparare il gas tra le ore 13.00-14.00 da dentro la grotta con il naso posto nell’apertura di ingresso. Rispetto al mese scorso la grotta ha invertito e ora una calda aria esce dal buco. Scendendo abbiamo posizionato i datalogger nei soliti punti posti le altre volte e cioè sotto la diaclasi bagnata, al Pozzo degli Occhiali e a Sala Banana. Alle 13.15 circa siamo arrivati alla profondità di circa -350 al Xera Ora e abbiamo sparato due bombolette di aria compressa senza nessuna pietà per nessuno.

Rifocillati e felici di contribuire a importanti scoperte nell’ambito della meteorologia ipogea, abbiamo continuato verso giù passando per la Sala del 50°e poi per il nuovo Piccolo Bee che senza tanto tribolare ci ha condotti alla galleria ventosa di -450.

Scesi il Persego Seco e il Corno di Beco ci siamo trovati in un attimo al Bivacco Ajeie Brazo. Rivedere dopo tanto tempo la Jolly Roger appesa sopra il bivacco mi ha riempito di emozione, ma superato velocemente l’attimo di commozione, abbiamo continuato verso il nostro obiettivo.

Il Grande Bee è apparso nella sua bellezza e maestosità e una forte corrente d’aria ci colpiva la faccia. Sceso il P25 ci siamo affacciati sul P58 e dopo una serie interminabile di frazionamenti siamo arrivati alla base dove Helene si è messa comoda al caldo a preparare il caffè, mentre io e Sid scendevamo il successivo P50 per verificare una finestra a circa metà pozzo. Subito pensavamo di raggiungerla dall’alto con un traverso, ma poi vista bene la cosa si è preferito scendere su un ballatoio e fare una risalita di 8 metri. Parte il Sid e piantati tre chiodi arriva in un attimo alla finestra. Dopo averla vista tante volte finalmente ci siamo arrivati. Percorsi 10-15 metri di meandro si trova una saletta con camino di 15 metri e una finestra in cima. Lasciamo tutto armato e torniamo da Helene per mangiare uno spuntino e scaldarci con un caffè. E ora che si fa? Andiamo a vedere il Salone delle bimbe a -700, che è qui poco sotto? Oppure torniamo indietro sistemando gli armi? Dopo qualche minuto di indecisione optiamo per ritornare verso fuori, sistemando corde e armi.

E allora torniamo su, pedala e pedala, ritornando sui propri passi, prima sistemiamo la corda al Grande Bee e poi sopra al Persego Seco, Helene si infila in un nuovo meandro al limite percorrendolo per 30 metri e poi…stringe. Da rilevare anche questo!

La via del ritorno è fatta con calma, aspettandoci e sempre a vista, recuperiamo una corda vecchia abbandonata, poi eliminiamo dei multimonti e gli sostituiamo con fix e sempre più su. Recuperiamo i datalogger per la scienza, mentre il sonno verso l’una arriva inesorabile e ci fermiamo al pozzo degli occhiali per un brodo caldo. Ma il gas è finito e allora pedala verso fuori che se va bene usciamo che è un “freddo beco”. Alle 5.00 di mattino siamo tutti tre fuori dall’abisso, chi stanco, chi un po’ meno e chi fresco come una rosa, e ci cambiamo alle auto che sono completamente ghiacciate. In fretta e furia prendiamo i sacchi a pelo e ci dirigiamo al bivacco per un breve riposino e lo troviamo al completo. Riusciamo a ritagliarci un angolino, svegliando un po’ tutti e poi cominciamo a ronfare. Alle 6.15 suona la sveglia del Sid, alle 8.00 gli altri si alzano, noi resistiamo fino alle 9.00 nel sacco a pelo. Ma che meritata dormita!

Luca ci spiega le sue misurazioni all’esterno con l’anemometro e i termometri calati con la canna da pesca nel pozzo, poi della chiusura del buco di ingresso con il naylon. Capiamo che si è perso via tutto il giorno per trovare un collegamento tra un tubo di vento e le temperature e la portata dell’aria. Speriamo che con i dati raccolti qualche cosa di interessante ne esca fuori.

Luca ci prepara le salsicce e polenta ai ferri e con un bicchiere di birra brindiamo a questa punta di metà novembre al Corno.

Alle 14.00 posavo lo scheletro sul divano e mentre gli occhi si chiudevano pensavo già alla prossima punta.

Matteo

Violata la parete Ovest del Monte Zingarella da parte di tre intrepidi speleologi di Malo.

A leggere il titolo così come è sopra, sembra la prima pagina del Corriere della Sera degli anni ’50 quando  Bonatti  o altri  immensi dell’alpinismo salivano nuove pareti inviolate sulle Alpi.

Lasciamo  che la fantasia corra avanti su ardite pareti e cerchiamo di spiegare da dove nasce questo titolone.

Da quando stiamo esplorando l’Abisso del Corno di Campo Bianco, la parete Ovest del Monte Zingarella è sempre lì silenziosa sopra le nostre teste. Quando  parcheggiamo l’auto nei pressi di Malga Galmarara e quando scendiamo a piedi lungo la carrabile della Val Galmarara è sempre davanti ai nostri occhi vigile e attenta  ai nostri passi.

Con quegli strati orizzontali che ne solcano la parete, sembra molto simile alle altre cime lì attorno, come il Corno di Campo Bianco oppure il Monte Zebio, ma una cicatrice verticale , proprio a metà parete, ha fin da subito attratto la nostra immaginazione. Chiamiamolo pure  solco o spaccatura  o frattura oppure un vajo sospeso è un difetto geologico che non passa inosservato.

Se poi pensiamo che a poche centinai di metri, sull’opposto  versante Est  del monte Zingarella , si apre una grotta come il Buco della Neve con i  suoi -200 metri di profondità, nella mente un po’ perversa e curiosa di noi speleo è venuto subito in mente la possibilità che possa esserci un ingresso sconosciuto proprio sulla parete Ovest  della montagna .

Verificando anche sulla cartina geografica è segnato in modo evidente l’esistenza di una frattura che parte dal Buso della Neve e in direzione Est-Ovest  va a finire nella parete che sovrasta la Val Galmarara.

La domanda che in tutti questi anni ci siamo posti è stata:<< Vuoi vedere che su quella spaccatura c’è un ingresso che porta all’interno della montagna e magari dentro al Buso della Neve?>>.

Fantasie speleologiche , fatto è che dopo la punta esplorativa  all’Abisso del Corno.di domenica 12 Agosto 2018 ci viene l’idea di provare a scendere il Monte Zingarella per verificare tali  ipotesi.

Ecco quindi che giovedì 23 Agosto 2018 io, Lillo e Sid abbandonate le famiglie nei pressi del Buso della Neve ci siamo inoltrati seguendo una evidente frattura tettonica  verso la vetta del Monte Zingarella.

La presenza di una debole traccia di sentiero ci ha permesso di raggiungere la sommità del monte evitando  di perderci tra mughi e valloncelli che rendono la montagna un intricato dedalo dove è veramente facile rimanere invischiati.

Arrivati sul bordo che guarda giù verso Malga Galmarara abbiamo individuato subito  la partenza delle calate. Abbiamo così attrezzato la prima corda doppia su un buon mugo e dopo una discesa di circa 35 metri siamo atterrati su una cengia ricolma di pino mugo.   Attrezzata la seconda doppia di altri 35 metri siamo atterrati alla base della parete senza trovare il fantasticato secondo ingresso del Buso della Neve.

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La discesa verso le auto camminando sospesi tra mughi  è stata la parte più difficile di questa breve avventura.

E così  in una giornata di fine agosto 2018 , la parete Ovest del Monte Zingarella è stata da noi discesa.
Alta meno di 100  metri, nella sua piega ha mostrato di non nascondere quello che cercavamo.

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Ora quando scenderemo la strada sterrata di ritorno dall’Abisso del Corno. non fantasticheremo più su un possibile secondo ingresso al Buso della Neve, ma potremmo dire: << Ti ricordi che tribolazione camminare in mezzo ai mughi quella volta che abbiamo sceso l’inviolata parete Ovest del Monte Zingarella?>>.

 

Matteo

BACK TO CORNO

L’Abisso del Corno è sempre là, appollaiato sulle pendici del Corno di Campo Bianco
ad osservare speleologi, pastori , escursionisti e motociclisti, bikers, che passano nei suoi paraggi.
Il 30 di Agosto eravamo in cinque: Ester, Virginia, io, Sid e Lillo . Ci siamo messi d’impegno e finalmente sono
state sostiTuite le corde dei primi due pozzi che il tempo e il passaggio avevano usurato.

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Sabato 13 settembre  invece eravamo in quattro : Cesare, Sid, Lillo e io. Entriamo alle 10 circa, dopo esserci cambiati alla bellezza di 4°.
Stavolta si scende oltre la diaclasi bagnata e al traverso Hallè Salassiè ci fermiamo per sostituire la corda usurata.
Fin che Lillo è alle prese con la corda ci sediamo ad aspettare.
“Ma quel buchetto li, ogni volta che passo lo vedo. Quasi quasi mi infilo dentro. Sicuramente è già stato visto”.
E così per passare il tempo mi infilo in un buchetto che da sempre si trova dove ci si fermava un tempo a scarburare, ad aspettare gli altri a mangiare qualcosina. Insomma il solito posto visto un milione di volte.
Entro dentro, il soffitto è basso e la prima cosa che noto è che non c’è traccia di nero delle bombole. “Bene !” .
Una lama sembra bloccare il passaggio, la sposto il tanto da infilarmi con il busto e oltre par di vedere nero, nero pozzo!
Prendo un sasso e lo lancio. Subito un urlo ” Pian coi sassi son mi sotto!” E’ la voce di Lillo sul traverso.
Avanzo ancora un po’ e dall’alto vedo le corde. Mubble mubble abbiamo by-passato il traverso.
E così dopo una ” tempesta di cervelli” iniziamo ad allargare, spaccare, spostare. Dopo un’ora la situazione è la seguente:
3 mignoli colpiti , di cui uno abbastanza grave e un torcicollo. Ma la via è aperta e così nasce il ” meandro dell’ongia nera” .
Altra ” tempesta di cervelli” e disarmiamo il vecchio traverso per armare questo nuovo passaggio che ci sembra migliore.
Anche se infortunati continuiamo la progressione e ci mettiamo a vedere alcuni punti di domanda un po’ qua e un po’ la.
Quando tutte le bustine di antiinfiammatorio sono teminate ritorniamo in superficie e alle 18.00 siamo fuori.
Senza esito tentiamo di farci offrire un bicchiere al bivacco 3 fontane. Niente da fare e così con un torcicollo e un’ongia nera ripariamo per una abbondante cena di carne e lunghi discorsi sul passato delle pornostar.
Sono le 10 di sera quando rientriamo nel mondo civilizzato.
Sei ancora vivo?”
” Si.. fra un’ora arrivo. ”
bon ciao notte

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Matteo

Abisso del Corno di Campobianco

Abisso del Corno di Campobianco 3000-VVi
Asiago (VI)
Corno di Campo Bianco

WGS84  45°58’9,44” N  11°29’55,24” E   Quota 1977 m.

Per zumare clickare sull’immagine.

Georeferenziazione Abisso del Corno.di Campobianco