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Niente di nuovo in Pisatela? No, carpe diem.

“Fucit irreparabile tempus, carpe diem”
Una frase simile a questa in un rozzo latino maccheronico potrebbe fare bella figura su una meridiana  di casa. Il carpe diem ricorda anche giovani studenti di una scuola britannica che, salendo sui banchi della classe, salutavano il loro amato professore con “capitano, mio capitano”.
E’ l’attimo che fugge e che non tornerà mai più indietro e allora bisogna coglierlo e quindi giovani: “Carpe diem!”
Ma Carpe Diem è per noi anche un ramo di una grotta come la Pisatela. E’ stato battezzato con questo bellissimo nome ancora 4-5 anni fa (prima esplorazione di Lillo e Paolo il 29 Giugno 2011 con Alessandra e Ester) e dopo un’altra uscita era sempre rimasto nei tanti lavori da completare. C’era aria, c’era un camino, c’era un passaggio da disostruire, c’era da rilevare.

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Uscita dal ramo Carpe Diem dopo la prima esplorazione Giugno 2011

Forse perchè si apre in un posto così ovvio in Sala delle Mogli oppure perchè per percorrerlo serve la muta essendo allagato, in questi anni non eravamo mai tornati a esplorarlo completamente ed a rilevarlo.
Io e Lillo ci accordiamo per tornarci martedi 8 agosto 2017. Poi Lillo si infortuna la mano domenica e quando sembra tutto da rinviare, Hélène e Lucio mi danno la loro conferma e allora cogliamo l’attimo.
Armati fino ai denti di trapano e trousse di rilievo ci inoltriamo in questo bel ramo allagato e ricoperto di fango sui lati. Il continuo serpeggiamento tra roccia e fango lo rendono particolarmente suggestivo e, in un continuo strisciare sull’argilla, percorriamo un centinaio di metri intercettando alcuni camini più o meno stretti.
Avendo attrezzatura da disostruzione cerchiamo la fine del ramo che dai racconti mi sembrava fosse in frana. Invece arriviamo in una zona sifonante con circa 15 centimetri di aria. Hélène con grande spirito alla Casteret si infila e, passata la parte stretta, ci grida che di là il ramo si divide in due e continua.
Dalla parte dove siamo rimasti io e Lucio un camino è occluso da una frana e aldilà si vede un ambiente abbastanza grande con un sensibile flusso di aria.
Fermo l’unico neurone del cervello, penso alle  teorie speleogenetiche, rammento decenni di esplorazioni e mi viene da dire che forzando il caminetto andiamo aldilà del sifone evitando di bagnarci i capelli e portando avanti il materiale senza bagnarci. Tornata Hélène cominciamo la disostruzione dal basso in alto. Due colpi ben assestati e apriamo il varco. Ma quando sembra tutto semplice ecco che un macigno di dimensioni pericolose si blocca su tre punti proprio nel punto di passaggio.
Proviamo a fare qualcosa per smuoverlo, ma la posizione è troppo pericolosa senza vie di fuga. Cerchiamo di costruirci una leva lunga, ma senza alcun risultato. Fermi a due metri dal nero, con l’aria che ti viene in faccia a guardare un sasso che ti guarda anche lui, ma lui sorride e tu no.
Non ci resta che passare aldilà del sifone per continuare il ramo. Di là  il ramo si biforca in due. Uno torna verso sala delle Mogli per circa 15 metri asciutto, mentre dall’altra parte un laminatoio bagnato con circa 20 centimetri di aria continua per 10-15 metri fermandosi in un sifone. Qui Hélène trova una freccia e una X simbolo che gli altri fin qui sono già arrivati.
Cerchiamo il passaggio per la sala con il sasso che ride, ma non troviamo il by-pass.  E’ ormai tardi e decidiamo di tornare verso l’uscita non facendo neanche il rilievo perchè troppo complicato con i sacchi e tutta quell’acqua.
Usciamo dalla grotta che sono le undici e mezza di sera. Non abbiamo fatto grandi scoperte, ma forse ci riusciremo con un palo lungo.
Comunque ci siamo intanto fatti un’idea del ramo e delle potenzialità e vedremo nelle prossime settimane dove ci porterà il Carpe diem. Comunque già così adesso sono sicuramente più di cento metri di ramo con direzione nord-ovest, il bianco che più bianco non si può.
La settimana successiva ci torniamo nuovamente io, Lillo e Hélène. Il sasso che ride verrà fatto brillare, ma la cosa divertente è che Lillo ci arriva da dietro risalendo un caminetto stretto e fangoso come già fatto qualche anno fa. Riusciremo ad aprirci un varco facile e comodo per accedere agli ambienti superiori già visitati, con gallerie di dimensioni impressionanti e camini che ci aspettano per essere risaliti. Niente di nuovo in Pisatela, ma solo nero da esplorare.
Tornando verso Sala delle Mogli rileviamo più di cento metri di galleria allagata e quanto ancora resta da rilevare!

Vedremo cosa ci riserverà il futuro…

Matteo

Un giro a Milwaukee

Lunedi 20 febbraio del 2017.
Ore 18:00, il traffico è intenso e tutti chiusi nelle loro automobili sembrano già pregustare l’arrivo a casa e il meritato riposo dopo le fatiche del lavoro.
Mi fermo dal “casolin di Priabona” a prendere un panino, la mia cena per questa sera. Mentre guido assaporo questa cena fatta di pane, prosciutto e the alla pesca.
Sono in anticipo e quindi me la prendo con calma lungo le curve della cava Brunelli e di Contrà Marchiori Beati.
Quando arrivo  al parcheggio del Bar Rana ci sono un paio di macchine e la bruschetteria è chiusa. Spengo l’auto, ascolto la musica e guardo le macchine passare. Le due macchine parcheggiate dopo un po’ se ne vanno e resta solo la mia, puntata a guardare la pianura lì di fronte.
Penso che è lunedi, che tutti si rintanano nelle loro case, che il week-end è appena concluso e noi invece ad andare in grotta.

Alle 18:32 arriva il Sid.
“Viene qualcun’altro?”
“No oggi si va in due.”
“Che strano!”
“Ho visto che il Burger King chiude a mezzanotte. Magari riusciamo a fare la cena stasera!”
“Comunque il panino me lo sono già mangiato.”
“Anch’io.”

Lungo la strada che porta al Feo, Sid mi dice che Franco e la Doni non hanno trovato nulla alla Sioramandola e hanno chiuso il cantiere.
“Beh, speriamo che non tocchi anche a noi chiudere i cantieri in Vecia. Sarebbe un gran peccato viste le potenzialità della grotta”
“Facciamo quattro “pacche” nel punto sotto Sala Sbrasa e che la fortuna sia dalla nostra parte!”
“Non saprei dove altro guardare poi!”
“Abbiamo oramai visto tutto quel che c’era da vedere”

Al tornante della strada per Campipiani ci cambiamo e…
“Ho lasciato a casa il pettorale! Merda!”
“Nessun problema puoi usare il cordino dei sacchi… oppure il filo delle cariche.”
“Mi presti l’elastico? Mal che vada uso il cordino del porta sacchi.”

Suonano le campane del Feo. Sono le 19:00 in punto. Ho voglia di fiondarmi giù in grotta come un missile e anche Sid la pensa uguale.
Tra l’andatura sostenuta e la  corsa scendiamo e alle 19:29 siamo sotto Sala Sbrasa.
Bel tempo mi dico, ma si potrebbe fare di meglio.
Diamo un occhio al punto dove la  volta scorsa la termocamera Milwaukee indicava il passaggio di aria fresca.
Effettivamente l’aria entra in quel pertugio. Facciamo la prima carica per togliere un po’ di sassi. Il primo metro è sotto frana e poi sembra che ci sia un meandro.
Nella sala un po’ di odore si sente. In teoria dovrebbe mangiarsi il fumo! Spostiamo dei bei macigni e poi altre due botte. Siamo un metro dentro la frana e stavolta non si sente l’odore delle cariche.
“Bene! Dai che stavolta la va!”
“Tieni i fili delle cariche che ti servono per la risalita.”

Dopo un bel lavoro di spostamento sassi riusciamo ad entrare un paio di metri e mettere la testa dentro.
“Cosa vedi?”
“Stretto. E poi c’è una curva, ma è stretto.”
“Fammi dare un’occhiata.”
“Caspita che stretto. E poi sta lama a destra rompe proprio i fighi. C’è una curva a sinistra. Hai visto che la parete di destra è tutta erosa? Sembra un vecchio meandro.”
“Sembra quasi la continuazione del meandro che arriva sul pozzetto dietro di noi. Vuoi vedere che questo è  il vecchio fossile e la via verso il sifone è il ringiovanimento? Proviamo ad arrivare alla curva e poi vediamo.”

Detto questo continuiamo la disostruzione. Levarino, mazzetta, sassi, lame, trapano, spingicariche. E ricordarsi  sempre di tenere i fili delle cariche che magari serviranno per la risalita.
Dopo un’altra oretta riusciamo a infilare la testa e… saletta!
“Un metro più avanti c’è una piccola saletta. Un saltino di mezzo metro e poi una saletta!”
“Chissà che sia la volta buona. La direzione è giusta, l’aria c’è, …dai che continuiamo fin che abbiamo batteria.”

E continua, continua finchè si apre il varco. Una lama staccatasi è incastrata sopra, ma dovremmo passarci.
Provo io, ma messi i piedi nel saltino di mezzo metro, mi sento le spalle bloccate e mi dico che non ho testa per queste cose.
“Vai tu Sid o spacchiamo ancora?”

Riprova Sid, un paio di tentativi, braccio indietro e braccio avanti, il caschetto che quasi si incastra ed è aldilà.
“Che vedi?”
“E’ stretto altro che saletta. Sopra tutti sassi mossi della frana. Alla base fango e chiude!”
“Ma l’aria? Dove va l’aria? C’era prima e c’è ancora. Guarda bene. Non può finire  così anche questa volta!”
“Ci sono dei vuoti sopra, ma è tutta frana. L’aria si perde tra tutto questo sfasciume. Niente… esco!”
“Merda! La xe finia anca stavolta!”

Sono le 23:00. Il Burger King chiude a mezzanotte. Fuori fa freddo. Domani si va a lavorare. Mi creo il pettorale con il filo avanzato delle cariche e usciamo appena passate le 24:00.
“Alla fine abbiamo fatto una piccola punta però, 5 ore di lavoro a -150 metri di profondità. Di lunedi sera!”
“Proprio bravi cojoni!”

In velocità ci cambiamo e poi giù verso la pianura.
“Che dici se la chiamiamo Sala Milwaukee?”
“Ma più che una sala è un meandro. Meandro Milwaukee.”
“Dai che almeno abbiamo risolto il mistero di dove va a finire l’aria che si butta giù per il pozzetto. Abbiamo capito che una parte si infila lì.”
“E adesso? Al Buso della Vecia che ci resta da vedere?”
“………..”

Alla fine non ci resta che andare a dormire. Domani sarà un nuovo giorno.

Matteo

La seconda… anzi la terza vita della Spurga del Barbeta

La Spurga del Barbeta è una voragine o “spurga” che si trova lungo la  Valle delle Lore  sull’Altopiano del Faedo ad una altitudine di 677 m.s.l.m.

Questa cavità si trova ad un centinaio di metri di distanza dal più famoso Buso della Pisatela vicino  ad una caratteristica pineta.

2016-03-29-spurga-della-barbetta-1Si apre sul fianco di una piccola dolina e il suo ingresso è la classica conformazione di una spurga del Faedo. L’apertura larga circa cinque metri con un primo pozzo che scende subito inclinato per poi verticalizzarsi e arrivare su un cono detritico a circa dieci metri di profondità.

Nel vederla viene da associarla alla classica  grotta da manuale della speleologia.

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Questa cavità sicuramente è conosciuta da tantissimo tempo vista l’ampiezza dell’ingresso e  la comodità per arrivarci e il primo rilievo del Gruppo Grotte Schio è datato 1965.

primo-rilievo-spurga-del-barbeta Primo rilievo della Spurga del Barbeta

Alla base del primo pozzo si apre in direzione Sud-Ovest una sala con pavimento inclinato e franoso dove è facile trovare traccia dell’inciviltà di qualche cacciatore che qui va a gettare le cartucce sparate dalle doppiette. Una decina di anni fa il Gruppo Speleologi Malo fece una pulizia generale portando fuori qualche borsetta colma di questa ignoranza.

In corrispondenza dell’angolo  Sud della sala si apre il secondo pozzo in diaclasi che scende per 15 metri circa. Alla base di questo pozzo uno stretto cunicolo impraticabile ha fermato l’esplorazione della grotta per circa trent’anni.

Si deve arrivare agli inizi degli anni ‘90 perché la Spurga del Barbeta possa rivivere una seconda vita esplorativa. E’ infatti a Marzo del 1992 che Paolo Comparin , Marianna e Marco De Franceschi scendono per cominciare lo scavo della fessura in fondo e li vede impegnati con mazzetta e scalpello per due uscite ravvicinate.

La svolta avviene però a Giugno del  1992, sempre loro tre che disostruiscono per circa  3 metri la fessura ma è ancora molto stretta. Rilevano una forte presenza di aria e il passaggio di acqua, ma la vera scoperta è quella finestra che all’altezza di circa 2 metri dal fondo del pozzo fa intravedere un meandro. Nessuno l’aveva mai notata? Come può essere?

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Con l’utilizzo della sola mazzetta Paolo e Luca Dal Pezzo (alias Cereda) riescono a percorrere lo stretto meandro fino ad arrivare in una piccola saletta e da li dopo una strettoia un pozzetto di 5 metri e poi due sale. Nel corso del 1993 si susseguono diverse uscite da parte del GSM per risalire i camini che si trovano al fondo e disostruire la strettoia finale dove l’aria viene inghiottita. Si deve considerare che nel 1993 il complesso della Pisatela non era ancora stato esplorato e le nuove scoperte al Barbeta hanno portato Luca a fantasticare il nuovo “Sistema del Barbarana”.

Ma anche con tutta la buona volontà le strettoie stancano e affaticano anche i più motivati. La grotta viene dimenticata e la storia esplorativa sembra terminata e l’ultima scheda esplorativa è datata 27/02/1993.

Ogni tanto in gruppo, Paolo parla  di quelle esplorazioni e dopo tanto sentirle all’interno del GSM torna la voglia di tornare a vedere cosa nasconde questa grotta e quanto di vero c’è dei racconti fatti . Si arriva così al  2015, quando viene riarmata la grotta e inizia la terza vita della Spurga del Barbeta.

Alla base del secondo pozzo ritroviamo la fessura a due metri di altezza e stentiamo a crederci che qualcuno possa essere passato per una fessura così insidiosa. Con i mezzi potenti di disostruzione di oggi, allarghiamo i passaggi al limite dell’umano arrivando alle sale del fondo e ritrovando i segni delle risalite e dei lavori di quasi venticinque anni fa. Constatiamo la presenza di una forte corrente d’aria  e così iniziamo dove gli altri avevano abbandonato. Con una interminabile serie di uscite, armati di trapano e accenditore  e con il sogno di scoprire nuovi ambienti è iniziata la terza vita della Spurga del Barbeta.

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Viene così rifatto il rilievo come lo vediamo nella figura sotto e la grotta ha cambiato totalmente aspetto.

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Ultimo rilievo  della Spurga del Barbeta

La profondità della grotta è adesso di 29 metri , mentre lo sviluppo ha superato di poco i 100 metri.
Un meandro stretto e basso  con direzione Nord-Est sembra dirigersi verso le zone della Pisatela e chissà che non si entri veramente nel fantomatico Sistema del Barbarana così tanto desiderato negli anni ’90…

Matteo