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Gruppo Speleologi Malo

7.6

Ebbene si Gruppo. L’ubriacatura di emozioni è stata forte!
Dopo almeno 5 prove ARVA fatte all’ultima spiaggia ed altrettante prove radio con diversi apparecchi, stavolta ci siamo parlati e lo strumento nel punto più estremo si è fermato per un attimo a 7.6 mt.
7.6 e 1-10-2011 possiamo già segnarli come numeri “storici” per il GSM.
Sotto eravamo in 3: io, Armando del Gruppo Speleologico Padovano e Stefano un mio amico.
Ore 13.30
Arrivati un pó un ritardo abbiamo avuto solo 30 minuti per togliere i sassi che ostruivano lo stretto passaggio che da nella saletta trovata nel 2003 dentro la frana dell’Ultima Spiaggia. Con un pó di fortuna ci siamo riusciti ed abbiamo riguadagnato i metri che avevamo perso.
Ore 14.
Corriamo verso il camino di dx e ci mettiamo in trasmissione come d’accordo. Silenzio. Dopo un pó comincia il dialogo quasi come un alfabeto Morse: tra botta e risposta picchiando i sassi sulla roccia sentiamo i nostri amici da sopra. C’è anche una leggera corrente d’aria ascendente. Qui lo strumento dice 18 mt. Sarà sicuramnete un posto da rivedere visto che sopra la mia testa ci sono ancora de bei metri…
Ore 14.25
Corriamo verso l’Ultima Spiaggia. Entro nella saletta. Ci sono ancora i segni sulla roccia di dove avevamo picchiato nel 2004 alla prima prova ARVA. L’aria è veramente violenta e viene dall’alto. Tra i massi si vedono parecchi spazi vuoti da dove il vento ci spara in faccia.
Ore 14.30
Inizio prova.
Ore 14.37
La radio gracchia: ….” Rana Rana da Pissatela…”
La gioia esplode in urla, “imprecazioni” e parole fuori controllo! Penso che quello che abbiamo provato sia sotto che sopra sia indescrivibile…
Ancora prove stavolta accordate: inclina in alto, gira a dx, gira a sx ed in un punto si vede 7.6. Siamo veremente vicini!
Ore 15.
Prova conclusa. Noi chiediamo alla squadra sopra di darci un ora di tempo per rilevare prima di accendere il Ryobi visto che prima l’odore di gas era tanto.
Ore 16.10.
Ci prepariamo ad uscire e sentiamo che sopra hanno già incominciato a forare: si sente nettamente il rumore del motore a scoppio anche se siamo fuori dal cunicolo e dall’altra parte della sala: cazzo se siamo vicini!!!
Ore 17.25
Dopo aver tolto le mute e mangiato il meritato panino, dal bivio per sala della Foglia ci avviamo verso l’uscita.
Sicuramente di lavoro ce n’è ancora da fare. Ma un’importante svolta è stata data.
La squadra Pissatela era composta da: Jvan, Paolo, Franco, Frigo per la messa in sicurezza del cantiere e lo scavo. Poi si è aggiunto il “tecnico” ARVA Sid per la prova.
Lillo

GSM BABY WEEK-END Cimolais 30/07/2011

Passano i giorni, passano le ore, ma sempre vivo rimane il ricordo del week end trascorso a fine Luglio a Cimolais.
Lo abbiamo chiamato GSM baby week end, perchè doveva essere qualcosa di diverso di un solito fine settimana tra noi del GSM.
Dovevano essere emozioni forti per i nostri piccoli, una notte da passare in tenda in mezzo alle montagne che tanto amiamo, un momento di aggregazione e di gioco, di esperienze nuove e tanta allegria e magari se ci fosse la possibilità un po’ di attività .
Così è stato e ancora di più.
Ci siamo trovati sabato mattina 30 Luglio a Thiene io e Caterina , Sid e Giulia e Alberto ed Erica con rispettivamente Alessandro e Veronica, Gaia e Matteo.
Macchine piene come ovi, con la paura per il tempo sempre incerto, ma con la voglia di andare a Cimolais a piantare le tende.
Al campeggio in Val Cimoliana ci troveremo con , perchè partiti il giorno prima, Lillo e Susanna, Piero e Patrizia e Marco e Chiara con Zoe e Matilde e Simone.
Traffico tranquillo, qualche difficoltà a Feltre con le modifiche alla viabilità tanto che ci perdiamo , ma a Longarone ci ritroviamo tutti per la colazione .
I bimbi sono calmi, quasi non averli, fanno i bravi guardano fuori dal finestrino e si comportano in maniera impeccabile.
Alle 12.30 siamo al campeggio in Val Cimoliana dove piantiamo le tende e lasciamo in libertà i nostri pargoli a correre sui prati e a saltare sui materassini.
Le tende rischiano di crollare sotto l’urto infantile, oscillano, barcollano ma non crollano.
Verso le 14.00 ci incontriamo con gli altri di ritorno da un escursione/ricerca di forra in Valle di Santa Maria e poi tutti a riposare sulle sedie a chiaccherare mentre i nostri bimbi correvano come pazzi di qua e di la.

Giro nel fiume a bagnarsi i piedi e il corpo nell’acqua gelida e poi tutti a raccogliere la legna sul greto per la cena a base di salsicce, cosciette di pollo e costine, polenta, fagioli e peperonata.
E così abbiamo scatenato l’inferno sul barbecue.

Cena speciale, mentre di fuori scendeva qualche goccia di pioggia e poi a raccontarci mille cose mentre il buio scendeva.

A poco a poco i bambini come candeline si spegnevano chiudendo gli occhi e poi tutti a letto cullati dal dolce rumore del fiume.
Il mattino seguente io, Sid e Lillo ci siamo alzati alle 6.00 con destinazione la Val Pezzeda, forra poco frequentata anche se conosciuta nell’ambiente del canyonig in ambiente selvaggio e incontaminato.
Parcheggiata l’auto al ponte Confoz ci siamo inerpicati su per la valle seguendo un sentiero poco battuto e con poce indicazioni. Salendo lungo il sentiero la sensazione di essere fuori dal mondo era sempre più presente, pareti mozzafiato ai lati e questa valle enorme che proseguiva sempre più su.
Dopo circa un’ora abbiamo attraversato il fiume e ci siamo inerpicati sul versante destro idr. della valle, per tracce di sentiero, cenge da brivido sul vuoto e resti di teleferiche impossibili.
In un’altra ora e mezza siamo arrivati alla partenza della valle, un piccolo torrentello senza grandi portate d’acqua. Ci siamo cambiati e con una succesione di calate, la più alta di 30 metri siamo scesi.
La prima calata armata con catena ci ha fatto subito illudere di trovare armi decenti, ma già al secondo salto le cose sono cambiate, unico chiodo, fettucce stravecchie , placchette di lega e via a sistemare e controllare tutti gli attacchi. La forra larga, poca acqua, quasi didattica.
Ad un certo punto, un apporto sulla sinistra con parecchia acqua ci ha fatto capire che la musica sarebbe cambiata e infatti la forra è diventata più stretta con forte portata d’aqua. Tronchi d’albero ostruivano la progressione e le pozze non erano più trasparenti ma di un bianco opaco e insondabili .
Sono così aumentate le difficoltà e l’attenzione è aumentata con certi salti evitati e certe cascate da fare con le antenne ben alte.
Comunque imponente l’ambiente con una larghezza di un metro della forra e pareti di qualche centianaio
Ogni tanto qualche cascata che entrava dalla sinistra idr., pozze profonde e molto acquatica.
In circa quattro ore di progressione siamo arrivati all’incrocio del sentiero e vista l’ora abbiamo deciso di evitare la seconda parte più breve ma che avrebbe sicuramente allungato l’uscita.
Affamati come lupi alle 17.00 circa eravamo al campeggio dove tutti ci aspettavano.
Abbondante merenda a base di caponnata e wurster e poi tutti a comprimere le cose dentro le auto strapiene di tutto e di più. E poi via verso casa.
Da parte mia posso dire che i bimbi si sono divertiti un mondo, l’esperienza è stata di quelle che non si dimenticano. Un week end in campeggio da manuale.
Aver sceso anche la Val Pezzeda è stata la ciliegina su uno splendido week end in compagnia , in un ambiente selvaggio e incontaminato.

bello bello bello!!!

ciao

matteo

UNA ODISSEA ALL’ABISSO DEL CORNO DI CAMPO BIANCO

QUESTA CHE VI RACCONTO E’ LA STORIA VISSUTA DA DUE SPELEOPAPA’ CHE NEL CONTINUO GIOCO DEL TETRIS SONO RIUSCITI A INCASTRARE DUE GIORNI DI ESPLORAZIONE E SPELEOLOGIA ALL’ABISSO DEL CORNO DI CAMPO BIANCO.
NON CI SONO EROI O VICENDE EPICHE COME NEL RACCONTO DI OMERO, MA SOLO AMICIZIA E VOGLIA DI CONOSCERE L’IGNOTO CHE C’E’ LA SOTTO.

Da tempo che lo desideravo, da tempo che si rimandava.
Fatti quattro conti con il calendario, l’unico week-end libero per una uscita al Corno poteva essere solo quello ultimo scorso dal 8 al 10 Luglio e poi fino ad Agosto il Tetris della vita non dava altre possibilità.
Due settimane di ferie dal lavoro, una settimana a rosolarsi sotto il sole della Corsica , perchè non inserirci anche un bel viaggio al centro della Terra alla ricerca dell’Inutile?
Alla proposta risponde Lillo e si decide di partire già giovedi 07/07 sera in due con un obiettivo ambizioso: vivere la grotta con lentezza e magari se c’è la fortuna continuare l’esplorazione.
L’elogio della lentezza perchè davanti a noi abbiamo due giorni pieni disponibili, basta essere fuori per sabato sera a qualsiasi ora. Noi abbiamo di che sopravvivere grazie ai rifornimenti interni giù al bivacco.
Lillo passa a prendermi alle 19.00, ho sistemato bene la casa, messo un po’ d’ordine nel caos del dopo mare, ho avuto il tempo anche di andare in biblioteca a prendere il DVD della Pimpa e di Pippi.
Saluto Caterina e i bimbi e via con destinazione l’Altopiano di Asiago.
Ci fermiamo a Cesuna per una pizza al solito posto e scopro che sabato alle 21.00 a Camporovere suona il gruppo folk irlandese di mia cognata . Decidiamo di festeggiare le sicure nuove scoperte al ritmo delle ballate irlandesi e così fissiamo il termine della spedizione.
Poi ancora su verso la Val Galmarara, la solita valle percorsa oramai un sacco di volte. Siamo gli unici in giro e arrivati alla Malga Galmarara carichiamo in spalla gli zaini con il minimo indispensabile per i nostri obiettivi.
A mano a mano che saliamo i tuoni si fanno sempre più vicini, i bagliori nel cielo ci schiariscono la strada, finchè arrivati all’altezza dell’abbeveratoio sotto il Bivacco inizia un diluvio di acqua e grandine con lampi che scoppiano sopra le nostre teste e ci accecano la vista. Ad ogni scoppio siamo quasi accecati e ci rendiamo conto di essere proprio nel mezzo del temporale. Di corsa entriamo nel Bivacco Tre Fontane e come per magia il temporale si attenua e un po’ alla volta cala la sua furia.
Mentre preparo il the verde, Lillo ritorna sui nostri passi alla ricerca della maglietta dispersa e quando torna ci gustiamo al lume di candela due bicchieri di un caldo the invecchiato di malga.
Tra una chiacchera e l’altra aspettiamo qualche scout in pantaloncini e infradito con la chitarra la collo che però non arriva e così alle 22.00 ci corichiamo a letto ognuno con i propri pensieri e le proprie paure.
Alle 7.30 suona la sveglia e in un batter d’ali di gallo forcello siamo pronti a partire, ognuno con il proprio zaino, tanto la roba la lasciamo nella galleria sotto l’ingresso.
Percorriamo la Highway to Corno con una certa facilità, ci cambiamo, sistemiamo le vesti bagnate ad asciugare nello stendino improvvisato e riempiamo i sacchi fino quasi a farli scoppiare.
Ok siamo pronti.
I pensieri vanno per un attimo a casa, ai bimbi a Caterina, saluto la natura che ho attorno e sciolta la chiave dal discensore mi lascio traportare dalla gravità giù nell’abisso.
Mi sento impacciato, sono mesi che non vado su corda, quasi non ricordo più dove sono i frazionamenti e cerco di ricordare qual’è la tecnica per fare meno fatica.
Alla base del secondo pozzo, mi sento sciolto, le paure sono passate. Mi ricordo ancora come si fa a scendere su corda!.
La progressione è lenta ma costante, Lillo è sempre a vista, nessuno che ci insegue, l’ignoto che ci attrae.
Ogni tanto ci fermiamo a fare quattro chiacchere a prendere fiato, ad asciugarci dal sudore che ci copre.
E poi di nuovo giù. Pozzo, meandro, pozzo ,meandro, una successione infinita e rivedo immagini del passato: la prima uscita per trovare l’ingresso, l’armo dei primi pozzi, quando non trovavamo la strettoia per la Diaclasi bagnata, i luoghi diventano noti e tutto mi sembra famigliare.
Arrivati al pozzo “Xera Ora” rivivo per un attimo i momenti della prima discesa quando la squadra d’armo d’avanti a noi sembrava non fermasi mai e noi dietro a rincorrerli increduli su cosa stavamo scoprendo. I brividi ancora adesso!
Alle 12.00 circa arriviamo al Bivacco nostra casa per questi giorni.
Ci scaldiamo una zuppa Knorr e la condividiamo, un sorso io e uno Lillo, e così per un tempo che pare eterno e la zuppa che acquista sempre più bontà a mano a mano che si concentra.
Quando finisce è ora di partire e rifacciamo gli zaini.
Alla profondità di -750 mi appare una nuova grotta, la grotta che non conosco, dove non sono mai passato, fatta di frana e sassi bianchi , di gallerie enorni e acqua che scorre.
A -800 circa ci fermiamo. e’ qui che dobbiamo trovare la prosecuzione dell’Abisso dove l’acqua si perde in mezzo ai sassi.
Cerchiamo di demolire uno spigolo ma qualcosa va storto perchè senza accorgermene ho trapassato la roccia e faccio cannone. Non fa niente perchè con la mazzetta cerchiamo di liberare un po’ la strada e riusciamo a infilarci. Fatto un metro ci rimettiamo in piedi e vediamo l’acqua perdersi nel nero di una profonda diaclasi.
Spostiamo un sasso e lo facciamo precipitare giù nel nero più nero, un nero che la pila non riesce ad illuminarne il fondo. Saranno 50 metri a sentire i sassi , ma non vediamo.

E’ larga 50 cm per circa 5 metri, provo a scendere sperando di non bagnarmi.
Dopo circa una decina di metri mi sento tutto bagnato, provo a spostarmi piantando un fix, ma è troppo stretta, scendo ancora per altri 5-10 metri sperando in uno slargo, ma la cascata si frantuma su una cengia e mi inzuppo completamente. Tutto bagnato fradigio, penso a cosa posso fare, valuto anche di buttarmi giù come un caccia …e poi? Cosa risolvo? Mi sembra di osare troppo e così torno su. Anche Lillo prova a calarsi un po’ nella diaclasi, ma l’acqua è troppa.
Ci convinciamo che sarà per quest’inverno e che di li la grotta prosegue.
Torniamo fuori e mi sento ghiacciare dentro e fuori. Lascio Lillo a rilevare e io mi inginocchio tutto infreddolito. Mangio qualcosa per scaldarmi , del latte condensato un po’ di cioccolato ma l’unica soluzione è muoversi.
Lasciata tutta l’attrezzatura ci incamminiamo lungo la galleria,scendiamo quasi venti metri e percorriamo tutto il meandro fino a sbucare sul pozzo da 50 m che attualmente è il fondo della grotta a -848 metri .
Sentiamo tanta aria e una volta risaliti sulla galleria sommitale del meandro altra aria sembra spingerci giù al fondo. Ci pare impossibile, ma da qualche parte quest’aria dovrà pur andare.
Oramai è tardi e ogni volta che ci fermiamo sento il freddo dentro e ho voglia di scaldarmi. Non riuscirei a continuare l’esplorazione. Sono solo le 18.00, si potrebbe continuare , la corda è poco distante, ma ho freddo. Lillo capisce e piano piano torniamo indietro.
La strada non è così banale, siamo in mezzo a una frana ciclopica e ogni tanto pare di sbagliare la strada e verso le 21.00 arriviamo al bivacco. Mi cambio in tutta fretta e ci scaldiamo una zuppa Knorr con mezzo chilo di tortellini scaduti, giù carne simmenthal e tonno e sardine, finchè con la pancia piena alle 22.30 ci addormentiamo dentro i caldi sacchia a pelo.
E ‘ una notte strana, sento i piedi freddi, ogni tanto un brivido mi scuote, faccio dei sogni strani, mi giro rigiro, sento Lillo che russa e sento che si muove. Poi sogno e mi rigiro finchè vedo la luce della tikka che si accende, “che ore sono?” . Le 7.30 di sabato. Ma come può essere? Abbiamo dormito tutto questo tempo?
Un litro di cappuccino liofilizzato da condividere in due e poi a sparecchiare il bivacco per la lunga risalita.
Alle 9.30 partiamo per la superficie, abbiamo tre sacchi e siamo in due. Il freddo alle ossa è sparito, siamo riposati, lucidi. Parto per primo con i due sacchi e tribolo a portarmi fuori dalla strettoia del Corno de Beco. Ci aspettiamo pozzo dopo pozzo, passa mano dei sacchi e lungo il fossile che porta al Xera ora parliamo dei film anni ’70, della Fenech, di Claudia Cardinale e Laura Antonelli.
Discorsi filosofici sull’erotismo e la pornografia e si parla del film Gola Profonda.
E così batteziamo la diaclasi che ci ha fermato Diaclasi Gola Profonda e via su per le corde.
Arriviamo alla tirolese del Xera ora alle 12.00 circa e ci fermiamo a sistemarla un po’ rivedendo nodi e inseguendo buline alla ricerca della perfezione estetica e pratica.
Perdiamo un po’ di tempo e ci fermiamo a pranzare con la solita scatola di tonno e il latte condensato.
Ora davanti a noi abbiamo la parte più dura fatta di meandri e saltini infini.
Il mio sacco un po’ la volta comincia a pesare sempre di più, per qualche fenomeno strano della natura la massa aumenta, cerco per un po’ di portare anche il secondo sacco , ma mi è impossibile.
Chiedo a Lillo:<< Ti dispiace portare il sacco?>> .
Lillo risponde :<< Nessun problema lo porto io>>
Penso e non lo dico ma sicuramente si capisce:<< Grazie Lillo non riuscirei ad uscire altrimenti>>.
Via sempre più su e la fatica muscolare si fa sentire.
Lillo è davanti con due sacchi e faccio fatica a stargli dietro, ma la mente è fresca e riposata e la progressione va bene.
Sistemiamo l’armo del Pozzo degli occhiali e poi su.
Sono sempre più stanco e il sacco pesa 50-100-1000 kg.
Arriviamo alla base della diaclasi bagnata e mi “ciuccio” un po’ di latte condensato per l’ultimo sforzo.
Tribolo con un sacco e penso a Lillo che ne ha due.
Gli chiedo :<< Come fai a non incastrarti?>>
Risposta : << A forza di bestemmie vengono su anche loro>>.
Ok ho capito!
Alla base del primo pozzo si vede la luce che filtra dall’ingresso e ci ritornano le forze.
Intoniamo quattro canzoni di montagna a scuarcia gola , come per farci sentire. La felicità è alle stelle e la stanchezza non c’è più, sparita, lasciata giù dietro di noi nell’abisso.
L’ingresso è illuminato dal sole, le pareti sono come incandescenti, lo spettacolo è unico e me lo gusto pedalata dopo pedalata.
Alle 17.15 circa siamo fuori, il sole ci scalda, ci stringiamo la mano e un grazie per tutto quello che abbiamo vissuto e condiviso in queste 32 ore di grotta.
Dal bivacco Tre fontane sentiamo un grido, rispondiamo e alla grotta troviamo il segno dell’amicizia.
Scritto su un sasso con dei paletti di legno la firma dello zio.
Siamo felici ancora di più e Alberto ci viene incontro lungo la Highway to Corno.
<< La mangiate un pastasciutta? Alessandra ha portato su il ragù di carne >>
Non so cosa rispondere.
E’ tutto fantastico.

matteo