Archivi categoria: Senza categoria

PEROLOCH VENTANNI DOPO, RISOLTO UN PUNTO DI DOMANDA: LA GROTTA CONTINUA!

di M.Manea

A inizio 2020, dopo tanti anni di rimandi abbiamo ricominciato a parlare di Peroloch in GSM.

Mi era capitato di scendere il primo pozzo della grotta nel 2018, incosciente del fatto che fosse il Peroloch. Un amico, appassionato di metal detector, mi ha chiesto di scendere un buco nelle zone di Asiago, precisamente sulle pendici del Monte Zebio per cercare reperti della Grande Guerra. Di fatto sono uscito con delle maschere a gas, bossoli, uno scarpone e una moneta coniata Vittorio Emanuele II (1861).

Scarpone della grande guerra ritrovato in fondo al primo pozzo del Peroloch.

Scarpone della grande guerra ritrovato in fondo al primo pozzo del Peroloch

Moneta trovato nei paraggi dell’ingresso del Peroloch coniata Vittorio Emanuele II (1861).

Moneta trovato nei paraggi dell’ingresso del Peroloch coniata Vittorio Emanuele II (1861)

Matteo una sera in gruppo ha rivelato che nel fondo del Peroloch ci sono dei punti di domanda, zone che hanno la necessità di mettere dei punti esclamativi: o la grotta prosegue o finisce lì!

Il Peroloch (ovvero grotta dell’orso in cimbro) si apre a 1.518 metri s.l.m. sul versante orientale del monte Zebio ad Asiago ed è una voragine conosciuta da sempre in altopiano. Sembra che la prima esplorazione, ma di cui non abbiamo documentazione, sia stata quella del disciolto Gruppo Speleologici Berici Longare. Successivamente negli anni ’80 dal Gruppo Grotte Sette Comuni che ne esegue il rilievo fino alla frana di -50 metri. È però il GSM negli anni novanta ad aprire un varco tra i massi e poi esplorare la grotta fino alla profondità di -212 metri lungo il Ramo dei Commercianti e poi fino a -185 m lungo il Ramo degli Operai

Ecco una testimonianza di Iko Lanaro:

“[…] dopo una prima discesa del Gsm, io, Michele De Marzi e Gaetano Dalla Cà, tornammo un mercoledì sera per aprire un varco nella frana che poi portò alla via che porta in profondità. Ricordo anche che forzammo un passaggio abbattendo (purtroppo) delle concrezioni, quello che battezzai appunto: imene. […]”

Ad ottobre del 2000, dopo un veloce riarmo da parte del GSM è stata decretata la fine del Peroloch come si trova scritto nel diario delle esplorazione di quel periodo:

“[…] Si ritorna al Peroloch per una ultima uscita esplorativa; constatato l’impossibilità di ulteriori prosecuzioni si decide il completo disarmo della grotta. […]”

Il rilievo del Peroloch sul Monte Zebio

Qualche ostinato però rimugina, e dopo un ventennio, rianima il desiderio di dare ancora un occhio al quel “buso”. Si perché “occhi nuovi” possono vedere quello che non è stato visto prima.

Decidiamo infatti che la grotta va riarmata e rivisitata per fugare i dubbi ed eliminare i punti di domanda. Nei mesi primaverili del 2020, purtroppo ci trattiene il Covid, ma il 6 giugno 2020, accompagnati anche da due speleo Modenesi, Marcello e Patrizia, diamo avvio al riarmo che dura 3 uscite.

Tra settembre e ottobre 2020, dopo aver riarmato la grotta fino al fondo, decidiamo i punti di ri-osservazione: Andrea Cicci da un occhio al sifone che sta proprio nel fondo, ma non ispira nessuno, non c’è flusso d’aria e diventa complicato il passaggio. Ci mettiamo un punto esclamativo!

Vicino al sifone, Giacomo detto Jack ripercorre un meandro in discesa “cancaro” che con delle curve a gomito dove tira aria, ma dove la disostruzione è complicata. E anche a questo ci mettiamo un punto esclamativo!

Risalendo verso l’uscita, all’attacco dell’ultimo pozzetto da 8 metri si vede una finestra, ovviamente già vista considerati gli spit presenti. Jack, un temerario arrampicatore di free solo insiste per andare a vedere. Ovviamente non gli permettiamo il free solo, ma l’obblighiamo all’armo del traverso in sicura. Purtroppo finendo la corda a disposizione si rimanderà all’uscita successiva la discesa di 3 metri nella sala sotto la finestra. L’uscita successiva con mio figlio e Laura accende qualche speranza: parancando massi intravediamo una zona nera sotto la frana sulla quale siamo approdati. Non resta che andare con gli strumenti di disostruzione adeguati, ma facendo prima una verifica che la zona sotto la frana non sia congiunta con il fondo. Questo è il consiglio di Sid, che viene pienamente accolto nell’attività del 19 ottobre da me Laura e Cicci. L’ipotesi di Sid è vera! I due punti sono uno sopra l’altro ed io e Andrea ci siamo ben visti e salutati a distanza ravvicinata. Altro punto esclamativo!

Non abbiamo quasi più niente da controllare nel fondo, se non una fessura in cui, a distanza di una decina di metri dalla precedente, si vede un po’ di largo sotto. Avendo i mezzi a disposizione facciamo questo tentativo e creiamo un piccolo pertugio dove infilandosi di piedi si prosegue per cinque metri, stretti, ma si prosegue … e dopo … un piccolo saltino …e lo spazio si allarga, cambia colore, consistenza e forma e tutto in un istante diventa magico: il colore bianco candido, le forme rotonde delle colate ed il riflesso azzurro lucente dello specchio d’acqua in fondo al pozzetto.

Sbalordito e con il pensiero di non farsi troppe illusioni (tanto el finixe li) grido agli altri e chiedo che vengano anche con il materiale per l’armo. L’emozione di aver trovato qualcosa di nuovo sale.

Il privilegio di vedere quell’ambiente intatto da migliaia di anni, pieno di decorazioni fatte dalla calcite, l’acqua e latte di monte sarà solo mia e di nessun altro perché il mio passaggio, purtroppo, ha definitivamente sporcato le pareti e lasciato tracce sul pavimento. Il superamento dello specchio d’acqua è stata un’impresa finita in un bagno gelato! Una pseudo tirolese sarà la soluzione per poter oltrepassare l’acqua.

Foto scattata durante l’esplorazione nella parte nuova: il laghetto ancora intonso.

Foto scattata durante l’esplorazione nella parte nuova: il laghetto ancora intonso

Passaggio del laghetto: l’acqua non tornerà mai più limpida come prima

Passaggio del laghetto: l’acqua non tornerà mai più limpida come prima

Al di là del laghetto abbiamo poi attraversato un altro stretto meando che dà in un pozzo, stimato 8-15
Ma non si passava.
Sarà rimandata ad un’altra uscita l’esplorazione di questa nuovo tratto di grotta.
Tutto ciò però riaccende in noi le speranze ed il presagio che la grotta offrirà sorprese.
L’ultimo giorno di ottobre la squadra del GSM (Sid, Jack, Helene, Cicci, Marce) a ranghi ridotti, causa di qualche menisco in convalescenza, si prepara all’epica impresa, almeno immaginata fin a qual momento.
Dopo aver preparato il materiale, corde in abbondanza, e mascherine anticovid partiamo alle 9.10 per il consueto avvicinamento alla grotta. In due ore siamo al fondo. All’armo del saltino, che porta poi alla parte nuova, Sid estrae a mano un multimonti e sistema l’armo indecente. Ci affacciamo al nuovo pozzo, ma c’è un’oretta di lavoro per poter passare. L’attesa fa salire curiosità. Finalmente si passa e ci troviamo davanti ad un grande pozzo, molta acqua, e la possibilità di continuare la discesa. Il pozzetto stimato 8-15 m. in realtà è di 35-40 m. alla base del quale, dopo un breve passaggio tra i massi, si entra in un altro pozzone a doppia canna con il soffitto molto alto (80m.???).

Dalla finestra del meandro che s’immette nel P35 della parte nuova della grotta

Dalla finestra del meandro che s’immette nel P35 della parte nuova della grotta

Di lì siamo scesi altri 25 m. per arrivare in un’altra zona di colate, in ambienti sempre grandi che ci hanno permesso di intravedere (e preparare gli armi) per una nuova discesa di una quindicina di metri dove nel fondo c’è un’altra zona di raccolta acqua.

Grande colata alla base del P25

Grande colata alla base del P25

Purtroppo ci siamo fermati per “mancanza di corda”. Insomma, na figata! Grande squadra del GSM che contemporaneamente è riuscita a disostruire, armare, rilevare e fare un reportage fotografico: abbiamo spostato il punto di domanda del rilievo della grotta ottanta metri sotto!

Che l’esplorazione ora abbia inizio!!

Alla base del P25: Helene, Sid, Jack, Cicci, Marce

Alla base del P25: Helene, Sid, Jack, Cicci, Marce

Disegno a mano libera della sezione della parte nuova

Disegno a mano libera della sezione della parte nuova

Scoppia l’epidemia ….trovato La cura

Sabato scorso ( 22/02/2020 ndr) , mentre nel nord Italia è scoppiata la bomba del coronavirus io, Sid , Gek e Cici ( qualche ora dopo) ci siamo ritrovati per continuare l’esplorazione del camino Stones Rain al Ramo PSG.

Entrati alle 9.00 circa alle 11.00 eravamo già operativi sotto il camino.

Pausa merenda e poi inizio io ad attraversare verso la finestra in direzione Nord.

Messo giù tre tasselli sono già di là. La finestra che si vedeva è veramente  una finestra con un meandro alto due metri e largo 1. Eccitazione alle stelle e ….pele de oca!

Avanzo  per circa 5 metri e mi trovo sopra un pozzo. Ancora eccitazione alle stelle e ….pele de oca!

Torno indietro e sistemo l’attacco per far venire anche gli altri.

Chiedo a  Gek di tornare indietro lungo il ramo e  haimè lo sento da-in-fondo il pozzo .

Niente da fare il camino è in comunicazione.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
Dalla finestra che va a Nord  guardiamo verso la risalita che va a Sud

Guardando meglio giù vedo una finestra 5 metri più basso. Eccitazione alle stelle e ….pele de oca!

Fatti due buchi mi calo giù , ma haimè la finestra ributta nel pozzo. Qui finisce l’esplorazione in direzione Nord.

Adesso parte il Sid per traversare dall’altra parte dove si vede il camino risalire ancora.

Fatto una decina di metri arriva su un poggiolo alla base di un camino che sembra non finire più.

Intanto arriva il Cici ancora carico delle “tossine”  accumulate a casa di Lucio la sera prima.

Ci raggiunge in cima al  camino e iniziamo a rilevare e a scattare qualche foto , mentre dall’altra parte il Gek parte a risalire più in libera che in artificiale .

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
Gek in risalita verso la Cura

Ogni tanto dobbiamo richiamarlo perché metta giù qualche protezione, ma lui anche dolorante ad una spalla prosegue imperterrito per 10 metri fino ad arrivare ad un terrazzo .

Come segugi affamati lo seguiamo curiosi e sempre più eccitati.

Alle spalle una parete a specchio di faglia altissima, mentre dall’altra una serie di cenge sembrano non finire mai in direzione Ovest.

Riparte a risalire Sid e dopo circa 5-6 metri arriva in un altro terrazzo molto grande.

Sopra sembra aprirsi il mondo con un camino alto 20 metri, ambiente grande  e in cima  sassi incastrati che sembrano preannunciare di essere quasi in cima . L’ambiente è molto grande per essere un camino del Buso della Rana. L’acqua scende da un lato e le pareti lisce  dovrebbero facilitare la risalita.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
La cura come si presenta; con un camino di 20 metri ancora da risalire

Siamo a circa 35 metri dalla base di Stones Rain  e abbiamo finito le batterie.

La scoperta ci sembra importante  in un ambiente anomalo per la Rana.

La sera prima Io e Sid avevamo visto il filmato della  salita della via La cura in Groenlandia ad opera di Federica Mingolla. La cura che non si riferisce alla  canzone di Battiato, ma al disintossicarsi lontano dalla civiltà dalle connessioni della rete tipo facebook ,  instagram o watsup.

Per noi  scappati in grotta dal contagio del Coronavirus la Cura è questo posto affascinante e ancora da esplorare completamente e così lo battezziamo.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
In discesa verso Stones rain.

Scattiamo qualche foto per immortalare questo bel momento e poi scendiamo giù, trovando un’altra  finestra da vedere che va in direzione Sud e con un ambiente aldilà.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
Fot o di gruppo da sinistra . Sid, Cici, Gek, Matteo.

Sarà da ritornarci ancora e a breve per  proseguire questa fantastica esplorazione al Buso della Rana.

Ramo PSG sezione Feb 2020Ramo PSG pianta Feb 2020

Tiriamo su gli archetti e ripartiamo di gran carriera per l’uscita . Sembra una corsa contro il tempo per raggiungere il premio ( ma che premio?) e così dopo 10 ore di grotta siamo fuori nella realtà della vita  quotidiana alle prese con la nuova peste del III° millennio.

Speriamo bene !

Matteo

 

STONES RAIN

Nei  racconti o nelle  leggende che si tramandano di generazione in generazione nel mondo speleologico ogni tanto ritornano quelle trame di quando personaggi fiabeschi , che si facevano chiamare come  Quelli Veri,  nei giorni  della merla, i giorni più freddi dell’anno, si incamminavano con gli zaini carichi lungo la strada della Val Galmarara , magari coperta da una coltre di neve e ghiaccio, per poi una volta giunti nei pressi del Bivacco Tre Fontane cambiarsi d’abito per scendere nel ventre della terra alla  ricerca  del vuoto ovverosia del nulla.

Ora il week-end della merla è appena trascorso  e  nessuna notizia  ci  è giunta di questi fantomatici Veri.

Rimane  quindi il dubbio che solo tanta leggenda e immaginazione regna attorno  a queste notizie che sembrano avere poco di reale, ma tanto di fantastico.

Nel nostro piccolo, timidamente e silenziosamente , per cercare di provare a fare come quelli, ma  senza pretese di entrare nella leggenda , ci  siamo  organizzati  per  una uscita sabato scorso primo di Febbraio al Buso della Rana destinazione Ramo PSG.

Nella riunione di giovedì in sede a raccogliere la sfida eravamo io, Helene, Sid e Andrea the President detto il Cici.

Ma per  dare una senso al racconto faccio una breve digressione sulla storia di questo ramo .

La scoperta di questo ramo  è da attribuirsi al nostro emerito e   pluripremiato scopritore Paolo Comparin che nel Settembre 2012 durante alcune uscite di scavo nella zona vicino a Sala Grog al Ramo Nord, nota una fessura verticale con aria e  parecchie concrezioni sulle pareti a forma di “cavolfiore”. Quel giorno insieme a Sid percorrerà questo stretto  ramo per circa 70 metri fermandosi di fronte a una strettoia occlusa da bellissime concrezioni a forma di “foglia di insalata”. La meraviglia di tali concrezioni fermerà la loro adrenalina e si riprometteranno di tornare a fotografarle  prima di proseguire l’esplorazione .

Come sempre succede il tempo inarrestabile fa il suo corso, gli impegni si moltiplicano, altre esplorazioni prendono gli animi degli speleologi e quel ramo rimane quasi dimenticato.

Nel marzo del 2014 , con l’occasione di accompagnare i ragazzi del Progetto di Speleologia Glaciale a fare un giro al Buso della Rana dopo la loro serata a Isola Vic. ritorniamo al Ramo Nord.

All’uscita parteciperanno io, Sid, Ester, Stefano  per il GSM con Margherita e Andrea del gruppo di Saronno e Paolo del gruppo di Varallo.

Una volta percorso l’angusto meandro ci siamo fermati di fronte alla strettoia chiusa dalle “ foglie di insalata” e dopo aver scattato alcune foto per immortalare le concrezioni , la forza della mazzetta e la voglia di andare oltre ebbe il sopravvento.

Passata la strettoia l’esplorazione si  fermò dopo circa una ventina di metri sotto un camino con un buco nero in cima e ambienti di dimensioni inusuali per il Buso della Rana .

Pochi giorni  dopo ( era il 29/03/2014 ndr.)  con Sid, Lillo ed Ester  ritornavamo e risalito il camino da 10 metri  ci trovammo sotto  un bellissimo camino stimato sui 30 metri con roccia molto levigata e con due-tre punti di domanda in alto da tornare a rivedere. L’ambiente grande,  dopo quel meandro stretto, ci fece fin da subito sognare nuove avventure nel nulla.

Durante l’uscita veniva fatto il rilievo e il ramo battezzato PSG, notando come il ramo, prendendo un andamento Sud-Nord, si inseriva in una zona bianca del Buso della Rana vicino a rami come il Ramo del Pantegano, il  Camino dell’Eco oppure il Ramo delle Sabbie che si sviluppano  per molte centinaia di metri in ambienti sopraelevati rispetto il livello di scorrimento dell’acqua del Ramo Nord.

Dopo questo racconto di storia arriviamo ai nostri giorni, alle leggende e al primo del mese di Febbraio 2020.

Carichi con quattro sacchi ben pieni di materiale da risalita, verso le 10 del mattino entriamo in grotta sereni e con il gusto del caffè ancora nella lingua.

Fino al bivacco di Sala Snoopy sembra di essere ancora  vicini alle auto, in un ambiente sicuro e confortevole poco lontano da “casa” ,ma appena ci si infila alle Malebolge è immediato il salto spaziale e pare di entrare in un’altra dimensione fatta di strettoie e fango, molto lontano dal  confort.

Arrivati a Sala Grog svoltiamo a destra e fatti una decina di metri il meandro ti appare sulla sinistra con le sue pareti cariche di manine e cavolfiori.

Tirata in dentro la pancia ci infiliamo lungo questo meandro verticale e stretto che ad un certo punto si abbassa divenendo un  piccolo  tunnel  di una decina di metri dove scorre dell’acqua  e si è costretti a bagnarsi la pancia per fortuna poco visto la siccità delle ultime settimane.

Passata l’ultima strettoia l’ambiente cambia immediatamente con un meandro largo circa un metro e alto diverse decine fino ad arrivare alla prima corda.

In un baleno siamo su e ci troviamo sotto il cospetto di un  enorme camino alto una trentina di metri , lungo una decina e largo un paio.

La roccia alla partenza è sanissima e Sid inizia la risalita. Mentre risale Andrea pensa bene di fare un po’ di atmosfera e tirato fuori lo smartphone dal sacco accende la musica.

Il suono  del martello e del trapano si frappone agli assoli dei Pink Floyd o dei Deep Purple e l’atmosfera per noi alla base si fa famigliare e direi anche piacevole se non fosse per  qualche sasso che precipitando sfiora sia noi che la …musica .

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Dopo una decina di placchette  tocca la volta di Helene a cimentarsi con la risalita e  subito affronta le difficoltà dovendo allungarsi a prendere il moschettone piantato da Sid quei venti centimetri  troppo in là.

Ogni tanto si ritrova in mano un sasso e con fare gentile ce lo lancia in giù cercando ora di qua ora di là l’area non presidiata da essere umano.

Sotto passano i Police e poi i Queen e poi i Guns and Roses tra una tazza di caffè e qualche foto scattata senza troppe pretese e il tempo passa.

Sono oramai le 4 e mezza del pomeriggio e Sid ci abbandona per impegni famigliari e così rimaniamo in tre e una playlist che non finisce mai.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Scesa giù Helene riparte Andrea per l’assalto finale. Mancano una decina di metri a volte strapiombanti , ma nulla ferma il President che arrivato a circa 25 metri di altezza arma definitivamente e scende giù.

Sulla destra a circa 5 metri , si vede una finestra in  direzione Nord , e  sarebbe la normale prosecuzione del ramo, mentre a sinistra , direzione Sud,  si vede una nicchia con l’acqua dell’attivo che esce. Dove sarà la prosecuzione ?

Sono oramai le 6 di sera e non resta che togliere il disturbo e uscire. Rimarrà adesso solo da traversare a destra e a sinistra per vedere cos’altro ci riserva questa grotta.

Tra un Like a Rolling stones e una Novembre Rain decidiamo di battezzare il camino Stones Rain  che poi  è anche pioggia di sassi, ma potrebbe essere anche il titolo di una nuova canzone.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Il week end della merla è oramai trascorso e un tempo si favoleggiava che Quelli Veri avevano violato nuovi vuoti sulla montagna  là sopra Asiago,  ora invece si è raccontato di quel che è successo  al Buso della Rana sabato scorso per qualche ora al suono di  una piacevole playlist e con una canzone rimasta là ancora da scrivere.

P.S.. Dimenticavo, la  musica ha continuato per tutto il percorso di rientro fino ad arrivare alle auto!

matteo