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4 MARMOTTE + 1 a 2238 m.s.l.m.

Si è conclusa domenica 28 Giugno nel primo pomeriggio con un gustoso primo piatto in quel di Selva di Progno la GSM Carega Expedition 2015.
La spedizione partita sabato 27 di buon mattino dal Passo di Priabona era formata da Matteo, Sid, Frigo e Paolo.
Dopo un breafing presso la Trattoria il Cacciatore dove sono stati sciolti gli ultimi problemi organizzativi, i quattro membri sono partiti alla volta di Castelgomberto e Trissino. Superati i lavori di costruzione della Pedemontana Veneta hanno guidato fino ad Arzignano e poi Chiampo. Presso il villaggio di Arso hanno preso la strada in salita che li ha portati a Vestenanuova e successivamente a Bolca. Arrivati a S. Bortolo delle Montagne sono scesi a Selva di Progno e poi proseguendo per valle sono giunti a Giazza.
Superato l’abitato per l’unica strada che salendo a tornanti li ha portati al Rifugio Revolto.
Qui sono sorte le prime difficoltà a causa dell’affollamento della montagna. Prime titubanze e dubbi e per poco la spedizione non falliva.
Dopo un breafing tra capospedizione, sherpa, uomini di punta e hunza si è deciso che il posto auto non è un problema.
Parcheggiata la Renault Megane e il KTM Sbrasa e poi caricati i sacchi da 30 kg in spalla agli sherpa, l’intero gruppo è partito per affrontare i 902  metri di dislivello che li separava dal Rifugio Fraccaroli a 2230 metri .
E’ parso subito evidente che da Campogrosso fossero solamente 795 metri, ma oramai gli sherpa erano già avanti e non sentivano le voci del capospedizione che li chiamava per tornare indietro e partire alla volta di Campogrosso.

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Rincorrendo gli sherpa i membri sono così giunti al Rifugio Passo Pertica e dopo tornanti mozzafiato su baratri vertiginosi in un continuo salutare i tanti trekkers presenti sono giunti a pochi metri dal Rifugio Scalorbi.
A questo punto senza più voce, presi dalla fame ,dalla sete e dalla stanchezza fisica i quattro membri si sono seduti sul più vicino prato e hanno assaporato il panino con speck e sopressa del meteo-casolin de Priabona.
Resistendo agli attacchi del sonno che li teneva attaccati all’erba le quattro marmotte hanno ripreso il cammino per l’ultimo attacco al campo base avanzato.
Dopo tre ore di cammino Matteo, Sid, Frigo e Paolo raggiungevano così nel primo pomeriggio il Rifugio Fraccaroli a 2230 metri.
La nebbia che li avvolgeva, l’aria sottile e le ciabatte non poterono nulla contro la volontà di scendere dentro la montagna.

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Fu così che dopo aver conquistato e riempito il bivacco invernale scattò la molla e in men che non si dica gli uomini di punta Sid e Matteo avevano già l’attrezzatura speleo addosso pronti per scendere giù.
Alle 15.00 del pomeriggio, due marmotte si inoltravano dentro il Buso della Teleferica presso il Vallon della Teleferica, mentre gli altri dopo averli accompagnati all’ingresso del buco, allestivano il campo base avanzato dentro il bivacco e tentavano la vetta del Carega per poter comunicare con la civiltà.

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Matteo e Sid sono adesso soli, dentro la montagna. Nessuno che può vederli e nessuno che li può aiutare. Solo la sbrasa in testa ad illuminargli il cammino.
Scendono il primo pozzetto di 3 m, poi un secondo di 4. Si infilano su un pertugio stetto dove non si può passare. Ritornano sui loro passi. il tempo scorre, sono a più di 2100 metri sul livello del mare. L’aria è sottile e non riescono a percepirla, ma tira vento di grotta.
Sono scesi una decina di metri dall’ingresso e in una salettina si fermano a guardare un meandro stretto e bagnato davanti a loro. IMG_5268
Lo stesso meandro che arrestò la Carega Expedition 2006.
Pensano ai loro cari, al mare di Bibione , alle partite a pallone al parco giochi di Marano e alle mute che gli sherpa non hanno voluto caricarsi sugli zaini.
Si guardano in faccia, riguardano lo stretto meandro, pensano ai due compagni lassù a 2230 metri.
Riguardano il meandro ripensano ai due lassù con le pantofole ai piedi e al caldo.
Ma la molla riscatta ancora e decidono che prima di bagnarsi devono fare il rilievo.
No invece, il rilievo non sa da fare perchè il laser non funziona e giù una serie di imprecazioni.
Si guardano in faccia e riguardano lo stretto meandro bagnato.
Uno di loro dice:<<Ora o mai più!>> e così si infilano dentro e si bagnano. Dopo 5-6 metri di meandro ritrovano un’altra saletta e un ulteriore meandro ancora più stretto. Uno di loro dice :<< Con i piedi non ci passo>> e l’altro dice << Allora prova di testa>> e l’altro risponde :<< Be’ allora prova tu>>.
Strisciano , si incastrano, bestemmiano, tirano avanti il sacco giallo, ma alla fine sono aldilà sopra un pozzo di 20 metri. Armano, scendono ancora.

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Oramai sono a 50 metri di profondità, ma sempre a più di 2100 metri sul livello del mare di Bibione.
Da li parte uno stretto meandro freatico e lo percorrono per più di 50 metri, tra strettoie di varie dimensione. Tribolano, si ammaccano le ginocchia e si strappano le tute.
L’aria non è solo sottile li sotto , l’aria si percepisce , tira vento e la grotta sembra che vada.
Ma ad un certo punto le due marmotte si fermano e si guardano in faccia e capiscono che manca qualcosa.
C’è aria, c’è un meandro che va, ma la molla si è scaricata. Sono infreddoliti e i passaggi sono uno più stretto dell’altro.
La grotta va, ma cominciano ad avere freddo e capiscono che serve disostruire come si deve.
Riprendono su gli archetti lasciati in giro e cominciano la risalita.
Alle 18.00 circa sono fuori dalla grotta e ritrovano gli altri due fuori che li aspettano con le ciabatte ai piedi.

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Mentre con le loro tute sporche e bagnate sporcano il tavolato in legno del rifugio il sole sparisce e nuvole cariche di pioggia e fulmini si avvicinano minacciose al loro campo base. Per le quattro marmotte non resta che rintanarsi dentro e con le gambe sotto la tavola giocare a scala quaranta.
Il mattino della domenica vede i nostri eroi svegli di buonora e con grande sorpresa salutano l’arrivo dello sherpa Valentino che come camoscio selvatico se ne è venuto su correndo tra i ghiaioni, di lì a poco salutano lo sherpa Frigo che come camoscio selvatico se ne corre giù per i ghiaioni.
Poco dopo, salutato anche Valentino che come camoscio selvatico se ne corre giù per i ghiaioni, alle tre marmotte rimaste non rimane che perlustrare la zona di Malga Posta in cerca di altre marmotte che come loro passeggiano sui prati.

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Domenica mattina i prati di Malga Posta erano pieni di marmotte in cerca di buchi dove infilarsi.
Quando oramai l’aria rarefatta dei 2000 metri cominciava a procurare i primi sintomi di demenza mentale i tre se ne ritornavano nella civiltà e così terminò anche la GSM Carega Expedition 2015 .

ciao

Matteo

Valle di San Daniele ovvero canyoning in Valle del Chiampo ( parte prima)

Esplorare è ancora possibile e ieri pomeriggio ne abbiamo avuto l’ulteriore riprova anche nella valle del Chiampo.
Pensi che tutto sia visto e che tutto sia esplorato e invece restano ancora ambienti e zone anche vicino a noi in cui
nessuno o forse qualcuno ci è andato.
Tutto iniziò 5 anni fa quando il mio collega di lavoro Dario, durante una pausa pranzo, mi portò a vedere la valle di Carpenea ( o di San Daniele ) poco sopra Chiampo. Di corsa perché il tempo era poco, siamo scesi lungo il sentiero e abbiamo risalito il greto del torrente. Fatti alcuni saltini arrampicabili ci fermammo sotto una cascatina di 5-6 metri. Visita lampo ammagliati alla fine dalla vista del ponte di San Daniele. Un’opera antichissima abbandonata al degrado e al crollo. Restammo sorpresi dalla quantità di acqua e dalle numerose cascate e ambienti acquatici.
Pareva proprio una forra!
Ne parlai poi con il nostro Romano e anche lui non ne sapeva nulla o poco. Da piccolo andava a pescare le fario nelle pozze d’acqua, ma di cascate e forra non ne aveva mai sentito parlare.
Negli anni prendiamo info da altri locals, ma tutti parlano della valle in maniera vaga, qualche visita a caccia di gamberi o trote, tanta acqua , ma di averla percorsa integralmente nessun segno.
E così arriva il 19 marzo 2015 festa dei papà. Le cose da fare sono tante e un po’ alla volta bisogna portare a termine i progetti, altrimenti se ne accumulano troppi. Partendo da quelli piccoli si arriva poi a quelli grandi. Oggi è la volta della valle di San Daniele.
Ne parlo con Dario e poi con Romano. Il pomeriggio di giovedì 19 è il giorno giusto e allora ci ritroviamo tutti e tre alle ore 15.00 davanti la stazione di Chiampo.

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Lasciamo un’auto vicino la chiesetta di San Daniele e poi con l’altra su verso Alvese.
Siamo arrivati! Un piccolo ruscello attraversa la strada. I locals dicono che la Valle inizia qui.
Siamo vestiti un po’ come capita; un po’ boscaioli, un po’ torrentisti un po’ a caso.
Dario con la roncola in mano fa strada e io e Romano dietro.
Sono le quattro del pomeriggio quando iniziamo a scendere la valle e l’obiettivo è laggiù chissà dove.
Le prime briglie le superiamo agevolmente per il bosco.
Poi arrivano le prime cascatine e troviamo sempre una pianta o grande o piccola per fare le doppie.
Finché la valle si inforra veramente . La roccia è scura, vulcanica stretta anche un solo metro. Pozze d’acqua e arrivano le prime vere cascate. Niente alberi qui solo sassi. E allora cordino intorno al sasso e giù. Corda da 25 poi tocca alla corda da 60 metri. Giù cordini da abbandono . Non crediamo ai nostri occhi.
Mai avremmo immaginato di fare canyoning in Val di Chiampo.

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Pozze d’acqua anche profonde e ci si bagna anche le mutande.
Arriviamo sopra un salto di 15metri. Niente alberi , niente sassi non resta che piantare uno spit.
Giù altre cascatine , ma hainoi il tempo è tiranno.

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Il sole è oramai tramontato, sono passate le sei di sera. Siamo a metà forra ed è meglio non fare troppo i gajardi.
Troviamo un sentierino che ci riporta verso contrà Biasini.
Alle 6.30 di sera, quando è oramai buio siamo alla macchina.
Siamo veramente soddisfatti. L’altra metà la faremo la prossima volta e così la concluderemo tutta passando anche sotto a quel che resta del vecchio ponte.
Ma per ora possiamo essere soddisfatti, esplorazione e canyoning a due passi da casa. Non capita tutti i giorni.
Ciao,
Matteo